Curarsi con gli animali?, scopri come e perchè..

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staff.redazione
view post Posted on 24/7/2008, 14:20




Curarsi con gli animali? E' possibile, divertente ed efficace. Scopri come e perchè..
PET THERAPY

Nuotare con un delfino, accarezzare un cane o abbracciare un gatto: a quanto sembra questi piccoli gesti sono chiavi insostituibili per rompere l´isolamento in cui molti portatori di handicap si rinchiudono. A dirlo è una disciplina da pochi mesi ufficialmente riconosciuta in Italia, la pet therapy. A svelarci le sue mille forme è la dottoressa Marina Giuseppini, psicoterapeuta coordinatrice della Società Italiana Terapie Assistite con Animali.


"Lo sguardo di un delfino riesce a essere così speciale da farti dimenticare, per un attimo, di essere e sentirti "diverso". E allora puoi galleggiare con lui, e ti accorgi che lui fa qualcosa di più che seguirti e basta: nuota con te, accanto a te, come un delizioso compagno di viaggio". Queste parole, queste immagini dolcemente venate da una dimensione onirica, non provengono dall´estro poetico di uno scrittore, ma dalla voce commossa di Nick, uno dei tanti giovani ragazzi disabili che hanno visto cambiare la propria vita grazie alla delfino terapia.

Pochi forse sanno esattamente di cosa si tratta, ma negli Stati Uniti, dove la pet therapy è ormai una realtà da più di mezzo secolo, e dove già da tempo un organo istituzionale - la Delta Society - lavora per favorire lo sfruttamento terapeutico degli animali, le prime sperimentazioni coi delfini risalgono al 1978. A condurle, nei mari caldi della Florida, David Nathanson, colui che è universalmente considerato il pioniere in questo campo, colui che tra l´altro ha ispirato anche la carriera professionale della dottoressa Giuseppini, l´attuale coordinatrice della Società Italiana per le Terapie Assistite con Animali. "Durante un viaggio di studio - ci dice quest´ultima - ho avuto il privilegio di lavorare assieme al prof. Nathanson e, forse anche per il mio preesistente amore verso i delfini, sono rimasta talmente affascinata dal suo progetto, che mi è sembrato ovvio tentare di replicarlo anche in Italia. A tal fine, non appena sono rimpatriata ho avviato un fitto lavoro "diplomatico" per prendere contatto con tutti i delfinari della penisola. Non è stato affatto facile, ma alla fine sono riuscita a ottenere la disponibilità delle sedi di Rimini e di Fasano, strutture nelle quali io stessa e i miei collaboratori abbiamo fatto le prime immersioni di prova. Un successo: gli animali ci accoglievano volentieri ed era forte la carica emotiva che riuscivano a trasmetterci. Il passo successivo è stato quasi immediato e di lì a poco, una bambina autistica ci ha fatto compagnia in vasca. Ricordo ancora i sorrisi che ci ha regalato quella fanciulla, normalmente arroccata in un silenzio ermetico, nuotando a fianco ai delfini".

A seguito dei primi risultati positivi, pubblicazioni scientifiche e meeting, assieme a un fitto passaparola spontaneo, contribuirono rapidamente a dare ampia risonanza al lavoro svolto. Le liste d´attesa furono, tuttavia, ben presto troppo lunghe per chi, per ragioni climatiche, poteva lavorare solo pochi mesi all´anno. In breve fu quindi necessario fare delle scelte: prima si limitò l´accesso ai soli pazienti autistici, ossia coloro che più beneficiavano della terapia; poi, nell´intento di lavorare con animali addestrabili e capaci di prestarsi a un contatto fisico diretto col paziente, furono chiamati in causa anche i cani di Terranova.

Alla fine del 2002, nessuno dei due interventi appena elencati è comunque riuscito a far fronte a un concorso di eventi negativi (dalla carenza di fondi a quella di personale) e così, temporaneamente, la dottoressa Giuseppini è stata costretta a sospendere il progetto. Al momento, quindi, la delfino terapia è stata di nuovo estromessa dall´Italia, anche se è concreta la speranza sia di riprendere presto l´attività negli acquari sia di avviarne una nuova versione con sedute in mare aperto. Al di là di questi prossimi sviluppi, per chi crede nella pet therapy, vi sono alcuni centri sul territorio nazionale dove è possibile praticarla.

Per esempio, al Centro Riabilitativo di Ragusa, così come in molti altri istituti, è il cavallo ad aiutare i medici nella cura degli handicap psicomotori. Inoltre, molti tra i più comuni animali domestici sono al centro delle attività svolte dall´azienda ospedaliera di Padova e dalla comunità di Villa San Secondo nel vercellese. Nel primo di questi esperimenti, intitolato "la fattoria in ospedale", cani e gatti allietano i pomeriggi dei bambini ricoverati nella divisione pediatrica, mentre nel secondo cani e gatti rappresentano lo stimolo per risvegliare la propensione all´azione in malati psichici molto gravi. La stessa dottoressa Giuseppini, sta poi proseguendo il suo lavoro con i Terranova presso l´agriturismo toscano "Podere Lecceta", un´infrastruttura dove "la possibilità di unire il lavoro in acqua, mediante piccole vasche, con esercizi più strutturati a terra mi sta dando grosse soddisfazioni".

Anche se ora non è possibile praticare la delfino terapia, quindi, il concetto di animale come co-terapeuta può considerarsi parte della cultura medica italiana. E, quasi a confermarcelo, il 6 febbraio 2003, è arrivato il decreto legislativo che inquadra in via definitiva la pet therapy all´interno delle politiche sanitarie nazionali. Il provvedimento firmato da Sirchia probabilmente non è in sé sufficiente a cancellare tutte le arretratezze del nostro paese, ma di certo contribuisce a delineare un quadro di riferimento più strutturato per il futuro. Ottenuto questo, il prossimo obiettivo è la definizione di corsi di formazione adeguati. Se, infatti, grazie anche all´operato internazionale della Delta Society americana sopra citata, è già buono il livello di preparazione per il conduttore dell´animale, manca invece completamente un iter educativo per colui che cura l´interazione del pet col paziente. Tale lacuna è molto sentita anche dalla dottoressa Giuseppini, che, nei suoi programmi imminenti, ha proprio l´istituzione di un corso ad hoc per il personale umano coinvolto nella pet therapy. "La mia convinzione - afferma - è che l´idea in gestazione diventi realtà molto presto, già a partire da novembre, magari come corollario di un corso di portata più ampia, rivolto a tutti. Perché anche chi non è uno psicoterapeuta, può trasformare agevolmente il suo pet in un sussidio per chi ne ha disperatamente bisogno".


La terapia dei delfini per una bambina che muore

Dal libro di Allegra Taylor "Acquainted with the Night"

Questa è la storia di Lee come raccontata dal padre Robert White.
La storia ha inizio quando i genitori vanno all'ospedale dove Lee è ricoverata, come fanno ogni sera da tempo.
"Non è facile morire quando hai solo quindici anni, ma Lee aveva già accettato il suo destino," mi disse il padre. Come parlava i suoi occhi erano lucidi e poteva a malapena mantenere la voce udibile.
"Sapeva di avere una malattia che non l'avrebbe risparmiata. Sapeva che, malgrado tutti gli sforzi dei medici, non sarebbero riusciti a salvarla. Soffriva molto ma non si lamentava mai.
"Quella sera era particolarmente tranquilla e composta, ma all'improvviso si animò: "Papà, mamma - so che tra breve morirò ma non ho paura. So che andrò in un mondo migliore di questo; voglio avere finalmente pace, ma mi è difficile accettare che morirò a soli quindici anni."

"Avremmo potuto mentire, dirle che certamente non stava per morire, ma non avemmo il cuore di farlo. Il suo coraggio ci sembrava più importante di una nostra finzione. Così l'abbracciammo e piangemmo in silenzio. Dopo un po' riprese:
"Ho sempre sognato d'innamorarmi, di sposarmi di avere bambini... ma soprattutto avrei voluto lavorare in un parco marino con dei delfini.
"Mi piacciono così tanto e avrei voluto imparare a conoscerli da quando ero piccola.
"Sogno ancora di nuotare con loro, libera e felice nel mare."
"Non aveva mai chiesto niente, ma in quel momento parlò con forza:
"Papà, voglio nuotare nel mare con i delfini solo una volta. Forse così non avrò più paura di morire."

"Sembrava un sogno assurdo ed impossibile, ma Lee, che aveva già abbandonato tutto, si aggrappò tenacemente al desiderio. Così con mia moglie decidemmo di fare il possibile. Avevamo sentito parlare di un centro di ricerca in Florida e telefonammo il giorno dopo. "Venite immediatamente", fu la risposta.

"Ma era più facile dirlo che farlo. La malattia di Lee aveva esaurito I nostri risparmi e non sapevamo come fare per pagarci il volo aereo a Miami. Poi l'altra figlia più piccola ci disse che aveva sentito in televisione di una fondazione che tenta di esaudire i desideri di bambini molto malati. Aveva scritto il numero di telefono sul suo diario perché le sembrava una cosa magica.

"Ma non volevo ascoltarla. La storia mi sembrava una favola o uno scherzo crudele; mi arresi quando Emily cominciò a piangere e ad accusarmi di non volere aiutare veramente Lee. Così telefonai e tre giorni dopo partimmo. Emily si sentiva un poco come una madrina delle fate che aveva risolto i nostri problemi con un gesto della sua bacchetta magica.

"Quando scendemmo dall'aereo Lee era molto pallida e sembrava terribilmente magra. La chemioterapia che stava seguendo le aveva fatto perdere tutti i capelli e le dava un aspetto spettrale, ma non si volle riposare neanche un minuto e ci pregò di portarla subito dai delfini.
"Fu una scena indimenticabile. Quando entrò nell'acqua era già così debole che quasi non riusciva a muoversi. L'avevamo messa in una muta per non raffreddarsi, e fatta indossare un salvagente per tenersi a galla.

"La trascinai verso i due delfini, Nat e Tursi, che stavano giocando tra loro a circa dieci metri di distanza. All'inizio sembravano distratti e non interessati, ma quando Lee li chiamò sommessamente per nome risposero senza esitazione. Nat arrivò per primo, sollevò la testa e le diede un cacio sulla punta del naso. Poi arrivò Tursi, che la salutò con una serie di grida gioiose. Un secondo dopo la sollevarono con le loro potenti pinne e la portarono più al largo.

"Mi sembra di volare," gridava Lee, ridendo di gioia.
Non l'avevo sentita ridere in quel modo da quando s'era ammalata.
Mi sembrava incredibile che tutto ciò stesse succedendo; ma vedevo Lee che, aggrappata alla pinna di Nat, sembrava sfidare il vento e l'immensità dell'oceano.
I delfini stettero con la bambina per più di un'ora, sempre gentili, sempre attenti, mai mostrando la loro forza, sempre sensibili ai suoi desideri.

"Forse è vero che sono delle creature più intelligenti e sensibili di quanto sia l'uomo. Quello che so per certo è che quei meravigliosi delfini sapevano che Lee stava per morire e volevano consolarla come fronteggiava il suo grande viaggio verso l'ignoto. Da momento che la presero in custodia non la lasciarono per un solo secondo.
La fecero giocare ed obbedirono i suoi comandi con una dolcezza che sembrava magica.
Nella loro compagnia Lee trovò per l'ultima volta l'entusiasmo e la voglia di vivere. Sembrava forte e felice come lo era un tempo.
Ad un certo punto gridò: "Papà, i delfini mi hanno guarita!"

Era come se fosse rinata.
"Non ci sono parole che possano descrivere l'effetto che l'incontro ebbe su di lei. Quando uscì dall'acqua era come se fosse rinata.
Il giorno dopo era troppo debole per alzarsi. Non voleva neanche parlare , ma quando le presi la mano la strinse e sussurrò:
"Papà, non essere triste per me. Non ho più paura. I delfini mi hanno fatto capire che non c'è niente di cui aver paura". Poi aggiunse:
"So che morirò stanotte. Promettimi di cremare il mio corpo e di spargere le ceneri nel mare dove vivono I delfini. Mi hanno lasciato con una grande pace nel cuore e so che saranno con me nel viaggio che dovrò fare."

"Prima dell'alba si svegliò e disse: "Abbracciami papà, ho molto freddo."
"Morì così tra le mie braccia dopo pochi minuti, passando dal sonno alla morte senza una fluttuazione. Ho solo notato che aveva finito di soffrire perché il suo corpo divenne più freddo e più pesante.

"la cremammo come voleva e il giorno seguente andammo a spargere le ceneri nel mare tra i delfini.
Stavamo tutti piangendo, non mi vergogno di dirlo. Non solo io e mia moglie e gli altri figli, ma anche l'equipaggio della barca che ci aveva portato al largo della baia. Improvvisamente, attraverso le nostre lacrime, vedemmo le forme arcuate ed argentee di Nat e Tursi saltare nell'acqua di fronte alla barca. Erano venuti per portare nostra figlia a casa."

Dal libro di Allegra Taylor "Acquainted with the Night - A Year on the Frontiers of Death", Fontana Publishing.
In Gran Bretagna, la Starlight Foundation, 8a Bloomsbury Square, London WC1A 2LP (tel 020 7 430 1642; fax 020 7 430 1482) è una fondazione che cerca di realizzare I desideri di bambini cronicamente, criticamente o terminalmente malati.
Per ottenere informazioni nel Regno Unito su terapie con i delfini, particolarmente utili nei casi di depressione, contattare:
Dr. Horace Dobbs, Operation Sunflower, International Dolphin Watch, Parklands, North Ferriby, Humberside HU14 3ET, UK, tel 01482 634895; fax 01482 634914. Per diventare un socio e ricevere il bollettino, mandare £ 8 (£ 4 se sotto i sedici anni).

da www.newmediaexplorer.org


La Pet-Therapy: che cosa è...



L'intuizione del valore terapeutico degli animali, che risale all'antichità e nel corso dei secoli ha assunto sempre più importanza, trova oggi una strutturazione metodologica e impieghi mirati a specifiche patologie. Infatti, durante il processo di addomesticamento iniziato 12000 anni fa, si è instaurata, tra l'uomo e l'animale, una forte intesa affettiva ed emotiva.

Bisogna giungere al XVIII secolo per osservare, presso scuole anglosassoni, l'effetto benefico esercitato dalla presenza di cani e gatti sull'umore e sulle condizioni di salute dei pazienti; in particolare, occuparsi di questi animali consentiva a malati di mente di acquistare un certo equilibrio ed interesse per il mondo esterno. Nella seconda metà del XIX secolo un medico francese sperimentò l'ippoterapia in pazienti portatori di handicap neurologici e ne riportò dei risultati soddisfacenti. Durante l'ultima guerra mondiale, animali da compagnia vennero utilizzati come supporto per ridurre i danni psicologici causati a molte persone dagli eventi bellici.

Per indicare questo tipo di approccio da parte della medicina si parla di pet-therapy, un neologismo di origine anglosassone coniato dallo psichiatra infantile Boris Levinson nel 1953 in seguito ad una scoperta casuale: un bambino con tratti autistici, in cura presso di lui, si dimostrò più spontaneo e più disponibile all'interazione, dopo aver avuto un contatto da lui stesso voluto, con il cane (cocker) di proprietà di Levinson. Pet in inglese significa "animale domestico" o "da compagnia" da accarezzare e coccolare, azioni che procurano così un piacevole contatto fisico, uno dei principali fattori di comunicazione interpersonale e interspecifica, e stimolano la creatività, la curiosità e la capacità d'osservazione (soprattutto nei bambini).

Nel 1961 nasce ufficialmente la "terapia con gli animali" come tecnica d'intervento terapeutico: l'animale diventa "co-terapeuta" nel processo di guarigione, rivestendo il ruolo di "mediatore emozionale" e "catalizzatore" dei processi socio-relazionali. A partire dagli anni ‘80 il programma Pet Therapy è stato suddiviso in fasi distinte tra loro:

Animal-Assisted Activities (AAA) - Attività svolte con l'ausilio di animali che hanno l'obiettivo primario di migliorare la qualità della vita di alcune categorie di persone (anziani, ciechi, malati terminali,ecc.).
Sono interventi di tipo educativo e/o ricreativo che, finalizzati al miglioramento della qualità della vita, possono essere erogati in vari ambienti da professionisti opportunamente formati, para-professionisti e/o volontari, insieme con animali che rispondono a precisi requisiti. Le AAA sono costituite da incontri e visite di animali da compagnia e a persone in strutture di vario genere. Per queste attività:

non sono necessari obiettivi specifici programmati per ciascuna visita, anche se è opportuno prevedere sempre obiettivi di miglioramento;
é opportuno raccogliere e conservare dati sulle visite effettuate;
le visite sono gestite con spontaneità e la loro durata non è prestabilita.
Animal-Assisted Therapy (AAT) - Terapia effettuata con l'ausilio di animali finalizzata a migliorare le condizioni di salute di un paziente mediante specifici obiettivi.
È una terapia di supporto che integra, rafforza e coadiuva le terapie normalmente effettuate per il tipo di patologia considerato. Può essere impiegata, con pazienti affetti da varie patologie, con questi obiettivi:

cognitivi ( miglioramento di alcune capacità mentali, memoria, pensiero induttivo)
comportamentali (controllo dell'iperattività, rilassamento corporeo, acquisizioni di regole)
psicosociali (miglioramento delle capacità relazionali, di interazione)
psicologici in tempo stretto (trattamento della fobia animale, miglioramento dell'autostima).
Sono interventi con obiettivi specifici predefiniti, in cui gli animali rispondenti a determinati requisiti sono parte integrante dei trattamenti volti a favorire il miglioramento delle funzioni fisiche, sociali, emotive e/o cognitive nonché della salute del paziente. Si tratta di co-terapie dolci, che affiancando i consueti trattamenti, si rivelano efficaci, anche laddove questi non riescono, grazie soprattutto alla presenza dell'animale. La terapia effettuata con gli animali per risultare efficace deve, innanzitutto, individuare gli obiettivi specifici per ciascun destinatario dell'intervento, valutare i progressi in itinere, deve essere finalizzata al raggiungimento di obiettivi di salute e fattore importante essere gestita da professionisti di sanità umana.

Human- Animal Support Services (HASS).
In Italia, la Pet Therapy, sbarca nel 1987 al Convegno interdisciplinare su "Il ruolo degli animali nella società odierna", tenutosi a Milano il 6 dicembre al quale hanno partecipato esperti di fama internazionale. Nel 1990 nasce, sempre in Italia, il C.R.E.I. (Centro di ricerca Etologica Interdisciplinare per lo Studio del Rapporto uomo-animale da compagnia) che unisce studiosi di varie discipline inerenti la salute umana ed animale, l'ambiente ed il comportamento.

Pet-therapy: a chi giova...

Nei bambini con particolari problemi, negli anziani, in alcune categorie di malati e di disabili fisici e psichici il contatto con un animale può aiutare a soddisfare certi bisogni (affetto, sicurezza, relazioni interpersonali) e recuperare alcune abilità che queste persone possono avere perduto.

È stato infatti rilevato da studi condotti già negli scorsi decenni e oggi comprovati da sempre più numerose esperienze, che il contatto con un animale, oltre a garantire la sostituzione di affetti mancanti o carenti, è particolarmente adatto a favorire i contatti inter-personali offrendo spunti di conversazione, di ilarità e di gioco, l'occasione,cioè, di interagire con gli altri per mezzo suo.
Può svolgere la funzione di ammortizzatore in particolari condizioni di stress e di conflittualità e può rappresentare un valido aiuto per pazienti con problemi di comportamento sociale e di comunicazione, specie se bambini o anziani, ma anche per chi soffre di alcune forme di disabilità e di ritardo mentale e per pazienti psichiatrici.
Ipertesi e cardiopatici possono trarre vantaggio dalla vicinanza di un animale: è stato, infatti, dimostrato che accarezzare un animale, oltre ad aumentare la coscienza della propria corporalità, essenziale nello sviluppo della personalità, interviene anche nella riduzione della pressione arteriosa e contribuisce a regolare la frequenza cardiaca.

Che si tratti di un coniglio, di un cane, di un gatto o di altro animale scelto dai responsabili di programmi di pet therapy, la sua presenza solitamente risveglia l'interesse di chi ne viene a contatto, catalizza la sua attenzione, grazie all'instaurazione di relazioni affettive e canali di comunicazione privilegiati con il paziente, stimola energie positive distogliendolo o rendendogli più accettabile il disagio di cui è portatore.

Alcune recenti esperienze condotte in Italia su bambini ricoverati in reparti pediatrici nei quali si è svolto un programma di Attività Assistite dagli Animali, dimostrano che la gioia e la curiosità manifestate dai piccoli pazienti durante gli incontri con l'animale consentono di alleviare i sentimenti di disagio dovuti alla degenza, tanto da rendere più sereno il loro approccio con le terapie e con il personale sanitario. Le attività ludiche e ricreative organizzate in compagnia e con lo stimolo degli animali, il dare loro da mangiare, il prenderli in braccio per accarezzarli e coccolarli hanno lo scopo di riunire i bambini, farli rilassare e socializzare tra loro in modo da sollecitare contatti da mantenere durante il periodo più o meno lungo di degenza, migliorare, cioè la qualità della loro vita in quella particolare contingenza.

Altre esperienze di Attività Assistite dagli Animali riguardano anziani ospiti di case di riposo. Si è osservato che a periodi di convivenza con animali è corrisposto un generale aumento del buon umore, una maggiore reattività e socievolezza, contatti più facili con i terapisti. Un miglioramento nello stato generale di benessere per chi spesso, a causa della solitudine e della mancanza di affetti, si chiude in se stesso e rifiuta rapporti interpersonali.

Nel campo delle Terapie Assistite dagli Animali, dove le prove di un effettivo miglioramento dello stato di salute di alcuni pazienti si stanno accumulando nella letteratura scientifica, la pet- therapy propone co-terapie dolci da affiancare alle terapie mediche tradizionali e, attraverso un preciso protocollo terapeutico, è diretta a pazienti colpiti da disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione, disturbi psicomotori, nevrosi ansiose e depressive, sindrome di Down, sindrome di West, autismo, demenze senili di vario genere e grado, patologie psicotiche, ma anche a quanti necessitano di riabilitazione motoria come chi è affetto da sclerosi multipla o reduce da lunghi periodi di coma.
L’intervento degli animali, scelti tra quelli con requisiti adatti a sostenere un compito così importante, è mirato a stimolare l’attenzione, a stabilire un contatto visivo e tattile, un’interazione sia dal punto di vista comunicativo che emozionale, a favorire il rilassamento e a controllare ansia ed eccitazione, ad esercitare la manualità anche per chi ha limitate capacità di movimento, a favorire la mobilitazione degli arti superiori, ad esempio accarezzando l’animale, o di quelli inferiori attraverso la deambulazione con conduzione dell’animale la cui presenza rende gli esercizi riabilitativi meno noiosi e più stimolanti.

Animali utilizzati

Secondo la Delta Society (organizzazione internazionale che favorisce l'impiego degli animali per il miglioramento dello stato di salute, l'indipendenza e la qualità della vita dell'uomo), solo gli animali domestici possono essere inseriti in programmi di attività e terapie assistite dagli animali, escludendo quindi tutti gli animali selvatici o inselvatichiti ed i cuccioli.
Tutti gli animali impiegati come Pet partners devono superare una valutazione che ne attesti lo stato sanitario, le capacità e l'attitudine. Il Pet Partner Aptitude Test (PPAT) della Delta Society valuta se la coppia conduttore/animale ha l'abilità, le capacità, la disposizione ed il potenziale per partecipare a programmi di questo tipo di terapia. Bisogna tenere presente che l'animale, messo a contatto con persone che possono manifestare comportamenti iperattivi o stereotipie, può vivere situazioni che gli creano molto stress e deve essere quindi particolarmente equilibrato per evitare reazioni indesiderate a stimoli eccessivi, manipolazioni maldestre, ecc.

Gli animali che vengono abitualmente coinvolti nella pet-therapy sono cani, gatti, criceti, conigli, asini, capre, mucche, cavalli, uccelli, pesci, delfini.

Il cane ha un rapporto privilegiato con l'uomo sin dalla preistoria e sono frequenti le occasioni in cui possiamo apprezzarne la collaborazione e, talvolta, l'abnegazione. Per questo viene impiegato di frequente quale co-terapeuta, sia nella cura di bambini che di adulti ed anziani attraverso l'invito al gioco, l'offerta di compagnia e la richiesta di interazione.
Anche il gatto è utilizzato nella pet-therapy: per la sua indipendenza e facilità di accudimento, lo si preferisce per persone che vivono sole e che, a causa della patologia o dell'età, non sono agevolate negli spostamenti.
Criceti e conigli sono diffusi nelle nostre abitazioni: osservare, accarezzare e prendersi cura di questi animaletti può arrecare grande beneficio soprattutto a quei bambini che stanno attraversando una fase difficile nella loro crescita.
Il cavallo, attualmente, oltre ad attività sportive o ricreative, viene utilizzato per l'ippoterapia, medica, psicologico-educativa, riabilitativa, che viene praticata generalmente in strutture attrezzate, con il supporto di personale specificatamente preparato ed addestrato. A beneficiare dell'ippoterapia sono soprattutto i bambini autistici, i bambini Down, disabili, persone con problemi motori e comportamentali.
Da alcuni esperimenti effettuati su gruppi di anziani, è stato rilevato l'effetto benefico derivante dal prendersi cura abitualmente di uccelli, in particolare pappagalli.
E' stato constatato che l'osservazione dei pesci di un acquario può contribuire a ridurre la tachicardia e la tensione muscolare, agendo così da antistress.
I delfini occupano un posto privilegiato nelle attività che prevedono terapie con gli animali. L'amicizia tra uomini e delfini è di vecchia data ed il loro utilizzo quali co-terapeuti si è rivelato particolarmente efficace per la depressione ed i disturbi della comunicazione. La delfino-terapia è utile anche per i pazienti autistici che li aiuta, in molti casi, ad uscire, almeno parzialmente dal proprio isolamento.
Asini, capre e mucche, animali con i quali esisteva una grande familiarità sino a pochi decenni fa, ultimamente vengono anche loro utilizzati per la pet-therapy.

Animali co-terapeuti

L'animale co-terapeuta agisce come soggetto attivo e tra lui e la persona trattata avviene uno scambio reciproco fatto di emozioni e di stimoli che provocano cambiamenti ed effetti positivi in entrambi.
Con persone disturbate gli animali trovano un canale preferenziale, una sorta di accesso più facile per entrare in contatto riuscendo a volte a sbloccare condizioni patologiche cronicizzate negli anni.
L'animale costituisce uno stimolo nuovo alla curiosità rendendo possibile il contatto e una comunicazione non convenzionale.
La comunicazione con l'animale, preferibilmente con il proprio, che avviene nelle forme più svariate, non potendo ovviamente far ricorso al linguaggio, garantisce un effetto calmante con conseguente diminuzione della pressione del sangue. Tale dialogo non conosce, infatti, rigide regole sociali e, soprattutto sentimenti competitivi distruttori. Inoltre, la soddisfazione del bisogno di affetto e di relazione "interpersonale" crea le condizioni di un buon equilibrio psico-fisico, specialmente nei bambini, negli anziani, nei malati.
Il prendersi cura dell'animale, favorisce il senso di responsabilità, quanto mai auspicabili nel caso di bambini e di adulti che hanno perso la fiducia in se stessi, garantendo un'immagine valida e positiva della propria persona e del proprio valore individuale. Infatti, dare da mangiare all'animale rappresenta il primo passo per stabilire un rapporto di fiducia poichè grazie al cibo si creano tutta una serie di informazioni ed emozioni che legano vicendevolmente uomini ed animali.


Il gruppo di lavoro nella pet-therapy

Nella pet-therapy, l'attività svolta dal "terapeuta animale" nei confronti del "paziente uomo" è molto complessa e, soprattutto, per il suo funzionamento richiede contributi provenienti da diverse discipline.

Per questo motivo, ogni esperienza di pet-therapy è il risultato di un lavoro sviluppato da un team interdisciplinare composto da numerose figure professionali che interagiscono sul campo ciascuna con il proprio specifico ruolo ma in modo complementare. I membri del gruppo di lavoro partecipano direttamente sia alla progettazione e alla valutazione dei programmi sia allo svolgimento della attività e delle terapie in qualità di operatori.

Medico
psicologo
Terapista della riabilitazione
Assistente sociale
Infermiere
Insegnante
Pedagogista
Veterinario
Etologo
Addestratore
Conduttore pet partners
Poiché la terapia si effettua su persone affette da varie patologie relative a aspetti fisici e/o mentali, è fondamentale innanzitutto la presenza del medico e/o dello psicologo.
È loro compito, avvalendosi naturalmente della consulenza degli altri professionisti, valutare e indicare le modalità secondo cui impiegare gli animali. Qualora i pazienti presentino handicap fisici, è necessario anche il supporto del terapista della riabilitazione.

Fondamentale è il ruolo del veterinario. Nel caso della pet therapy, al veterinario che collabora con il gruppo di lavoro, è richiesta una specifica formazione nel settore. Deve, innanzitutto, selezionare l'animale più adatto al tipo di terapia da attuare, poi sorvegliarne in modo costante ed accurato lo stato di salute non solo fisico ma anche psicologico.
Gli animali sono sottoposti a controlli periodici ponendo particolare attenzione a segni clinici relativi a zoonosi (specie parassitosi e micosi) che, essendo trasmissibili all'uomo, potrebbero compromettere la pet therapy. Infine, il veterinario deve verificare nel corso del tempo come il co-terapeuta sopporti il lavoro intrapreso.
In ogni caso, gli animali che manifestino sintomi di malattia o segni di malessere vengono esclusi dal programma di pet therapy avviato. Il veterinario è affiancato da un etologo ( o biologo o comunque un professionista con adeguate conoscenze in materia di comportamento animale).
In primo luogo, contribuisce alla scelta dell'animale in base ad una analisi accurata delle caratteristiche attitudinali e comportamentali. Successivamente, si occupa di istruire i pazienti (laddove sia possibile), i loro familiari e gli altri operatori, in merito al comportamento degli animali utilizzati, al tipo di intervento che sono in grado di effettuare e, soprattutto, a quale mole di lavoro possono sostenere. L'etologo, inoltre, fornisce criteri per valutare e salvaguardare il benessere dell'animale "lavoratore".

Nella pet therapy, è cruciale il peso dell'addestramento del co-terapeuta affidato ad addestratori ed istruttori con specifica preparazione.
Infatti, poiché la pet therapy è finalizzato alla cura e al raggiungimento di risultati precisi, è importante in via preliminare addestrare adeguatamente l'animale ad interagire con il paziente e poi curare il rapporto che si viene a creare nella coppia co-terapeuta e paziente.
In particolare la fase dell'addestramento è importante qualora l'animale assista pazienti con particolari handicap fisici.

La Pet Therapy è definita una terapia dolce, proprio in virtù degli effetti benefici che possono essere riscontrati, sotto il profilo sia psichico-emozionale che fisico, nei pazienti ai quali viene praticata. Il soddisfacimento del bisogno d'amare, d'affetto e di legami interpersonali è alla base della Pet Therapy.

Riassumendo i concetti fondamentali per i quali la Pet Therapy viene considerata dagli studiosi salutare, sono:

gli animali forniscono compagnia
sono esseri attivi
offrono un supporto emozionale
sono un ottimo stimolo all'esercizio fisico
fanno sentire accettata la persona
risvegliano il senso di responsabilità.
Le diverse finalità della Pet Therapy sono:

finalità psicologica-educative
finalità psichiatriche
finalità mediche
finalità motorie-riabilitative.


L’esperienza di un operatore di pet therapy

La mia esperienza diretta in questo particolare settore delle terapie cosiddette dolci risale a qualche anno fa. Sono venuta in contatto con questa realtà in occasione del mio tirocinio presso l’ASL/TA1 in qualità di educatore nel gruppo SISH (servizio di integrazione scolastica handicap) dell’UTR (unitá territoriale di riabilitazione). In questa sede ho approfondito la cultura della pet therapy che conoscevo solo in via teorica attraverso i canali accademici. In tale sede in particolare si praticava e si pratica tuttora l’ippoterapia, la delfinoterapia e la terapia con animali da fattoria. Per poter comprendere a pieno questa particolare terapia con gli animali ho imparato che sono indispensabili alcuni elementi:

passione e amore per gli animali e per la natura
rispetto delle esigenze degli animali coinvolti nella pet therapy
competenze specifiche per questo tipo di lavoro
attitudini personali
convinzione nel credere nell’efficacia di questa terapia.
Solo se il gruppo di lavoro è convinto nell’uso e conseguente efficacia della pet therapy indirizzata a quel particolare soggetto allora la pet therapy è una terapia coadiuvante per il raggiungimento del benessere psicofisico dell’utente. Si vuole sottolineare come questo tipo di intervento non puó e non deve mai essere usato da solo (non risulterebbe efficace) ma deve essere sempre accompagnato da competenze multidisciplinari. In realtà, purtroppo, spesso capita di lavorare in situazione di precarietà, dove tutto è lasciato in mano a pochi operatori che grazie alla buona volontá e alle proprie risorse umane e professionali riescono a realizzare con discreti risultati questo tipo di intervento. Personalmente nel corso degli anni ho potuto constatare quanto questo genere di terapia possa essere veramente di aiuto nelle piú svariate situazioni di disagio (da quello fisico a quello psicologico) e ho potuto sperimentare anche diversi tipi di intervento con diversi tipi di animali. In particolare ho potuto attuare un tipo di pet therapy con la scelta di un articolare animale: il coniglio. La scelta è ricaduta su questo tipo di animale sostanzialmente per due ragioni:

la mia personale passione per i conigli
l’analisi di particolari disagi di alcuni bambini.
Le particolari caratteristiche comportamentali dei conigli mi hanno permesso di attuare un tipo di intervento che denomino "poco invasivo" nei confronti di alcuni bambini che avevano dei disturbi psicologici-comportamentali e la fobia per gli animali. Descrivo brevemente l’intervento.

L’osservazione e in seguito la familiarità di alcuni conigli liberi in un grande recinto da parte di questi bambini è risultata efficace ai fini del superamento del loro disagio. Vedere i salti acrobatici di questi animali risultava momento di ilarità per questi bambini momento che dimostrava loro che l’animale non è un pericolo e che poteva dare loro delle gioie. In seguito la familiarizzazione con questi animali attraverso il momento del dar loro da mangiare e altri momenti di accudimento degli stessi ha permesso loro di affievolire gli aspetti piú difficili del loro disagio. Il lavoro è tuttora in corso e si evolve grazie alla raccolta di dati e nuovi elementi emergenti dalla diverse situazioni. Il coniglio come protagonista di questo tipo di pet therapy perché è un animale tranquillo, piccolo che non spaventa per la sua stazza, che non ha un comportamento invadente nei confronti dell’umano (come potrebbe avere un cane o un gattino in cerca di coccole o di cibo), è un animale che va osservato nella sua quotidianità, che non adora essere stropicciato sono questi gli elementi della mia scelta: riassumendo la sua discrezione, elemento indispensabile per chi ha fobie e disturbi legati al mondo animale. La pet therapy e il suo impianto teorico e metodologico è in fase di crescita e ancora molto è affidato all’iniziativa di chi ci lavora.


Bibliografia essenziale:

Centro di collaborazione OMS/FAO per la sanità Pubblica Veterinaria; Laboratorio di fisiopatologia di organo e di sistema dell'Istituto Superiore di Sanità; Istituto Zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e Molise; Ministero della salute - Direzione generale della sanità pubblica veterinaria , degli alimenti e della nutrizione - Ufficio X;
Attività e terapie con l'ausilio di animali: quadro internazionale e stato dell'arte in Italia, ANNALI DELL'ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA', Natoli E. 1997;
La Pet Therapy: gli animali e la salute dell'uomo", Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Abruzzo e del Molise "G. Caporale", giugno 1996;
Animals, Health and Quality of Life, Conferenza Internazionale sulle interazioni uomo-animale, settembre 1995;
Animali e uomini imparano insieme, PET MAGAZINE, novembre 1997.

da www.aaeweb.net

Autismo

Identificata da Kanner nel 1943, la sindrome autistica è al centro di numerosi studi in diversi ambiti di ricerca.

Con autismo ci si riferisce a una alterazione della reciprocità-sociale, a una grave anomalia della comunicazione, ad un repertorio comportamentale limitato con stereotipie motorie, povertà di interessi e insistenza a fare le stesse attività. I sintomi si manifestano in genere, entro i primi 3 anni, in un bimbo su mille di tutte le popolazioni del mondo e di ogni ambito sociale. I maschi risultano colpiti 4 volte più delle femmine.

Per l'OMS è un disturbo generalizzato dello sviluppo. Alcuni lo associano ad una alterazione dello sviluppo celebrale in una fase precoce della vita fetale. Il campo della ricerca, comunque , è tutto aperto. Al momento, infatti, non esiste una singola causa conosciuta. Molto ci si attende dai processi delle neuroscienze e dalla loro applicazione clinica. In particolare dagli studi di biologia molecolare relativi allo sviluppo cerebrale, dalla ricerca sui fondamenti biologici della socializzazione e della comunicazione, dalla psicofarmacologia, dalla genetica.



Autismo né giudici, né colpe

Mentre non è stata ancora determinata la causa, la maggior parte degli esperti concorda su una non-causa.

E cioé che nell'insorgenza dell'autismo non hanno un ruolo determinante i fattori ambientali, anche se poi i medesimi possono contribuire al successo di un programma didattico di un intervento rieducativo. Per dirla con maggiore chiarezza, il comportamento di un genitore non può originare l'autismo del proprio bambino.

Per un lungo periodo alcuni "esperti" hanno attribuito la responsabilità dell'autismo dei bambini a genitori freddi e distaccati o con disturbi psicologici o della personalità. Si sono coniate espressioni del tipo "madri frigorifero" con i conseguenti effetti devastanti su madri già gravemente provate dalla disabilità del figlio. Per questo sentiamo il dovere di ripetere che i genitori non sono mai la causa prima dell'autismo del loro piccolo anche se possono svolgere ruoli determinanti nel favorire lo sviluppo delle sue abilità e competenze.



"Un figlio sulla luna"

Il bambino autistico ha estreme difficoltà a relazionarsi con le altre persone, anche con i propri genitori. Si isola, spesso evita lo sguardo e può non rispondere se è chiamato per nome. Perciò all'inizio, si può pensare ad un deficit uditivo, insorto improvvisamente. Verificata la funzionalità dell'apparato uditivo, cominciano le osservazioni. E allora ci si sofferma sul camminare in punta di piedi , sugli oggetti girati per ore, sul rifiuto, a volte di abbracci e baci dei famigliari, sulle notti insonni.

Sulla sua originalità così difficile da gestire. Fino alla diagnosi. Il lavoro deve cominciare prima possibile: terapie individualizzate per trattare specifici sintomi, psicoterapie per promuovere le competenze emozionali ed aiutare il bambino ad affrontare l'ansia, interventi educativi per favorire sviluppo sociale e linguaggio, programmi ricreativi per agevolare la maturazione emozionale, eventuali farmaci secondo le necessità cliniche individuali. Fondamentale, inoltre, il sostegno e la guida alla famiglia: spesso i genitori sono disorientati dinanzi ad una situazione davvero complicata. Aiutarli significa anche aiutare i loro piccoli.



"Autismo: AERC, genitori al lavoro"

In "Autismo infantile " il prof. Zappella, di Siena, si propone di dimostrare come la natura dell'autismo appaia "legata in parte ai fattori organici" e "in parte ai disturbi neurobiologici" che esprimono quadri depressivi o bipolari a esordio precoce. In taluni casi, dunque, potrebbero mutare le prospettive prognostiche.

Nel libro è descritto il metodo AERC "Attivazione Emotiva e Reciprocità Corporea " , che affida soprattutto ai genitori gli strumenti per recuperare le capacità dei loro figli. Si mira a recuperare le principali tappe relazionali del normale sviluppo infantile.

E i modi con cui si cerca di raggiungere questi obiettivi sono basati sulla reciprocità corporea e sulla collaborazione, e spesso arricchiti da elementi di attivazione emotiva. In genere dice il neuropsichiatra , questa terapia, particolarmente efficace nei bambini di età inferiore ai 6-7 anni, dura poco più di un anno.

AERC, aggiunge Zappella, "spesso trae vantaggio dall'uso contemporaneo di diete e di farmaci appropriati. Nella sua fase iniziale alcuni brevi holding possono essere utili".



TEACH, MIGLIORARE LA QUALITA' DELLA VITA

Così come non esiste una singola causa conosciuta dell'autismo, non esiste neppure una singola cura. Vari i tipi di intervento: psicoterapia, psicomotricità, training uditivo, musicoterapia ecc...

Il Teach (trattamento ed educazione di bambini autistici e con handicap della comunicazione) è uno dei più noti metodi educativo-comportamentali. si approntano programmi strutturati adattati individualmente ad ogni bambino. Ideato da Schopler, è applicato negli USA da circa 30 anni . Il Teach non intende curare l'autismo ma migliorare la qualità della vita di autistici e famiglie.



Autismo, la comunicazione facilitata

Si insegna la scrittura utilizzando immagini o lettere dell'alfabeto, macchina da scrivere, computer. Una persona chiamata facilitatore lavora con il soggetto autistico in prospettiva di una autonomia della comunicazione.

All'inizio sosterrà il polso dell'autistico, ma il processo riabilitativo proseguirà sino a consentire al soggetto di digitare su una tastiera autonomamente il proprio pensiero rivelatosi più elaborato di quanto si creda.

Centro studi CF, via Entella, 183/15 Chiavari. Tel.0185-233118 06-69920878 "Comunicazione facilitata" Biklen-adei-Benassi, ed. Omega, in stampa.



Autismo: il delfino un amico terapeuta

Alcuni bambini autistici durante e dopo l'incontro con i delfini appaiono più rilassati e disponibili agli altri. L'immersione in acqua e l'intelligenza , la voglia di contatto dei delfini possono dare gioia a bambini che, spesso, non sanno né sorridere né giocare.

ARION (tel.06-5818243) ha sinora avuto a disposizione solo il delfinario di Rimini per la delfinoterapia. Si attendono altre disponibilità. Il sogno dell'associazione, comunque, resta quello di avere un'area di mare protetta che ospiti i delfini nati "in cattività" nei vari delfinari d'Europa.



Autismo: la carta dei diritti

Adottata dal Parlamento Europeo nel 1996, vi si afferma che le persone autistiche hanno gli stessi diritti della popolazione europea, in base alle proprie possibilità e al proprio interesse.

Le persone autistiche hanno diritto a:

una vita piena e indipendente nella misura delle proprie possibilità
una diagnosi e valutazione clinica precisa, accessibile e imparziale
una educazione accessibile e idonea
(o i rappresentanti) a decidere del proprio futuro e, per quanto possibile, al riconoscimento dei propri desideri
a una abitazione accessibile e appropriata
ad attrezzature, aiuto e presa in carico necessaria per condurre una vita produttiva, dignitosa e indipendente
a un reddito o ad uno stipendio sufficiente a provvedere al sostentamento
a partecipare per quanto possibile, allo sviluppo e alla gestione dei servizi realizzati per il loro benessere
a cure accessibili e appropriate per la salute mentale e fisica per la propria vita spirituale
a una formazione corrispondente alle proprie aspirazioni e a un lavoro senza discriminazioni e pregiudizi
a mezzi di trasporto accessibili e alla libertà di movimento
attività culturali, svago, sportive
a godere di risorse, servizi e attività a disposizione della popolazione
a relazioni sessuali, matrimonio incluso, senza coercizione o sfruttamento
a rappresentanza, assistenza legale, e protezione dei propri diritti legali
non dover subire la paura o la minaccia di un internamento ingiustificato in ospedale psichiatrico o in qualunque istituto di reclusione
a non subire maltrattamenti fisici o abbandono terapeutico
a non ricevere trattamenti farmacologici inappropriati o eccessivi
(o i rappresentanti) all'accesso a documentazione personale in campo medico, psicologico, psichiatrico, educativo

Pensando al futuro, le associazioni

Le associazioni di genitori operano per dare un futuro e una speranza alle persone colpite da autismo:

AUTISME-EUROPE , raccoglie una quarantina di associazioni europee. La sede è in: Rue Van Becelaere 26 b, Bte 21; B1170 Bruxelles (Belgio); tel 0032-2-6757270.

In Italia aderiscono ad Autisme Europe :

ANFFAS Ass. Naz. Fam. Fanciulli Adulti Subnormali; Sede legale via Gianturco1, 00196 Roma
ANGSA Ass. Naz. Gentile. Sogg. Autistici, Sede legale a Roma via Casel Bruciato 13 tel 06- 43587555
APAMA Ass. Parenti e Amici Malati di Autismo Via Bolognese 238 Firenze tel. 055-400594
APRI Ass. Ricerca Italiana su sindrome di Down, autismo e danno cerebrale c/o ANFFAS via Rasi 14 Bologna tel 051 - 241480
ARPA Ass. Ital.. per la ricerca sulla psicosi e l'autismo tel. 06-6280728
ALA Ass. Lombarda per l'autismo tel. 02-48004879

AUTISMO: Bibliografia

AA.VV. "STORIE DI BAMBINI AUTISTICI" Quaderni dell'ANGSA, Omega ed '89
Birgen Sellin "PRIGIONIERO DI ME STESSO" Ed. Bollati-Boringhieri '95 - L'autore autistico, dopo 17 anni di mutismo patologico, rivela la ricchezza del suo mondo interiore usando la comunicazione facilitata
C.Park. C. "L'ASSEDIO" Astrolabio-Ubaldini '95
Donna Williams "NESSUNO IN NESSUN LUOGO" ed Guanda - Autistica parla e traduce in 3 lingue, si occupa di corsi di rieducazione per autistici. Nel libro la paura per le emozioni, vinta affidandosi a qualcuno, senza timore di perdersi
Laxer-Rituo "uno, senza il timore di perdersi. "AUTISMO, LA VERITÀ RIFIUTATA" Di Giacomo ed. - Si afferma che l'autismo derivi dall'alterazione funzionale delle aree del cervello che modulano la percezione. Si suggerisce come terapia , un intervento comportamentale.
AA.VV. Autismo: guida per genitori ed educatori ed. Raffaello Cortina 1994 AARONS-GITTENS "È L'AUTISMO? TEST DI VALUTAZIONE PSICOPEDAGOGICA" Erickson, 1993. Procedura diagnostica per individuare le componenti autistiche nel bambino.
Simpson-Zionts "COSA SAPERE SULL'AUTISMO" Erickson 1994
Tustin "PROTEZIONI AUTISTICHE NEI BAMBINI E NEGLI ADULTI" Raffaello Cortina. - L'autrice sottolinea che non tutti gli autistici hanno un danno cerebrale. Nella primissima infanzia i bambini autistici si sono sentiti brutalmente strappati a una madre, che per svariati motivi, era stata percepita come parte del loro corpo. Di qui l'intera vita sensoriale distorta, la fuga nel "guscio" per un riparo al vulcano di sentimenti attivato dall'esperienza prematura di essere un essere separato. Milcent "A.TU PER TU CON L'AUTISMO" Sansoni 1993
Wing "I BAMBINI AUTISTICI" Armando 1992. - In 3 parti: 1) possibili cause, 2) per i genitori centrata su gestione ed educazione, 3) inserimento in strutture specializzate
Schopler "STRATEGIE EDUCATIVE NELL'AUTISMO" (INTRODUZIONE AL TEACH) Masson 1995 - Indicazioni per insegnanti che devono elaborare i PEI (progg. educ. individualizzati), e per i genitori con esempi di intervento.
Zappella "IL PESCE BAMBINO" Feltrinelli 1976
Zappella "IL BAMBINO NELLA LUNA" Feltrinelli 1979
Zappella "NON VEDO NON SENTO NON PARLO" Mondadori 1984
Zappella "AUTISMO INFANTILE" La nuova Italia Scientifica 1996 ( in questo lavoro è descritto il metodo AERC).
Lovaas "L'AUTISMO" Omega ed. - Si rivolge alle famiglie e propone un metodo pratico per favorire l'apprendimento del linguaggio e di abilità fondamentali per l'autonomia personale. condizionamento operante.
Lelord-Sauvage "L'AUTISMO INFANTILE" Masson ed.
Brauner-Brauner "VIVERE CON UN BAMBINO AUTISTICO" Ginti-Barbera ed.

LE RIVISTE

LA ROSA BLU trimestrale sulle disabilità mentali dell'ANFFAS via Gianturco 1 Roma
RISPOSTE mensile dell'OASI (Ist. scient.di ricerca sulla disabilità mentale) Troina (En) tel. 0935 / 653438
BOLLETTINO ANGSA semestrale dell' associazione nazionale genitori soggetti autistici.
LINK trimestrale in francese o in inglese . Edito da Autisme-Europe.

da www.rgmediaweb.it


Domande sull´Autismo

di: Romeo Lucioni
da: www.psicolab.net


Tutte queste domande meriterebbero una ricerca ad hoc e, quindi, risulta impossibile rispondere ampiamente a tutte. Cercherò di essere conciso e preciso, lasciando ad un successivo impegno gli approfondimenti che riterremo opportuni.

1) Cos´è l´autismo? Come può essere definito? Esiste una definizione univoca o più punti di vista? È da considerarsi una malattia?
Autismo definizione

L’autismo è un “disturbo generalizzato dello sviluppo psico-mentale”. Consideriamo che disturbo non significa malattia (per la quale si richiede una lesione od una alterazione funzionale persistente), infatti si tratta di un disordine del funzionamento cerebrale ed anche psichico, in una età nella quale le interferenze tra biologico e mentale sono molto grandi proprio perché l’autismo prende inizio intorno ai due anni, quando c’è un profondo cambiamento nella maturazione del cervello frontale e pre-frontale.
2) Per capire questo “disturbo” dobbiamo prima evidenziare che ci sono tre tipi di autismo:

- quello descritto da Kanner, che chiamiamo autismo-autistico;

- quello ipercinetico, caratterizzato da una irrequietezza motoria e psico-motoria irrefrenabile e disturbante per l’ambito familiare e sociale;

- la Sindrome di Asperger che noi riportiamo come più precisamente alla Sindrome Borderline, togliendola dall’autismo;

- ci sono poi “sintomi di tipo autistico” che si presentano in altre patologie (Down, X-fragile, insufficienza mentale, disturbi da ipersensibilità, ecc. ecc.), ma che non possono essere considerati un vero autismo e che spesso vengono inclusi nella definizione di “disturbi dello spettro autistico”, generando non poche confusioni.
3) Da qui in avanti, ci riferiamo all’Autismo Tipico o di Kanner che si caratterizza per:

- inizio precoce, tra i 15 ed i 25 mesi, dopo un periodo di relativa normalità.

Il Bambino comincia a non guardare più negli occhi la mamma, preferisce star solo, non dice più le parole che aveva cominciato a pronunciare;

- si presenta più nei maschi che nelle femmine con un rapporto di 4:1;

- l’incidenza è ancora calcolata su 4-5 casi su 10.000 nati, ma le statistiche più aggiornate parlano di un grande aumento 50-60 casi su 10.000 nati.
SINTOMATOLOGIA
segni negativi:

- isolamento autistico (il bambino passa la maggior parte del tempo nel suo “angolo” o sulla sua “stuoia” dove si sente “sicuro”, spesso immobile e guardando fuori dalla finestra);

- siderazione affettiva e riduzione dell’iniziativa e degli interessi: non accetta la compagnia dei coetanei, non utilizza i giocattoli che prima lo attraevano. Sembra che l’unica persona che viene accettata sia la madre, verso la quale il bambino è spesso espansivo ed “affettuoso”;

- non è in grado di sviluppare il linguaggio e non emette neppure poche parole (a volte sembra muto o anche sordo-muto);

- riduce moltissimo l’attività motoria tanto che si producono anche alterazioni articolari da cattive posizioni. Il bambino perde la coordinazione e non riesce a saltare, a correre o a eseguire azioni motorie complesse;

- difficoltà di comprensione e blocco dello sviluppo intellettivo, anche se quasi sempre questi soggetti danno l’impressione di essere intelligenti;

- deficit delle capacità di capire gli atteggiamenti ed i pensieri degli altri;

- inadeguatezza del sistema rappresentazionale condiviso;
segni positivi:

- incontinenza emotiva con presenza di crisi di angoscia che spesso diventano vero terrore;

- difetti comportamentali con aggressioni (sputi, graffi, calci, ecc. ecc.);

- comportamenti ripetitivi e coatti;

- atteggiamento oppositivo e di assoluto rifiuto nei confronti degli altri.
4) Come si capisce quando una persona è autistica? In cosa consiste la differenza tra essere autistici e non esserlo? In altre parole quando una persona si dice autistica?
Il soggetto autistico è più che evidente: quando esce di casa lo si vede sempre

vicino alla madre, fa movimenti strani, obbligati, senza finalità; non sopporta

che qualcuno si avvicini: subito reagisce anche con urla laceranti.
5) Poche settimane fa leggevo che gli autistici hanno la massa celebrale più grossa del normale e per questo non riescono a cogliere i loro pensieri perché troppo rapidi. Prima di tutto è vera questa affermazione? Se si, non è mai successo che un ragazzo affetto da tale patologia, grazie ad un´opportuna terapia, riuscisse ad imparare a cogliere i propri pensieri in toto, sfruttando quindi al massimo le "potenzialità" legate a questa massa celebrale più sviluppata?

La testa “grossa” non è per nulla un segno di autismo, anzi sono sempre bambini ben proporzionati e … belli. A guardarli dimostrano un occhio “vivace”, da intelligenti ed in effetti quando si comincia a lavorare con loro non dimostrano particolari deficit intellettivi.
6) Non è affatto vero che gli autistici siano dei superdotati poiché quando si fanno confronti con i normali, risulta più che evidente il divario e l’estrema difficoltà a condurli per la strada dell’apprendimento. A volte sorprendono per qualche atteggiamento singolare (… per questo le mamme li chiamano “il mio genietto”), ma ci vuol ben altro prima di arrivare anche solo ad un apprendimento sufficiente. Ricordiamo poi che siamo di fronte ad un “disturbo pervasivo” che cioè va interessando e disorganizzando progressivamente tutte le funzioni psico-mentali.
7) Secondo lei, perché l´autismo è una malattia di cui si parla così poco dottore? Lei collabora con un sito internet per dare risposte alle domande che le arrivano dai naviganti in rete. Ha notato uno scarso interesse per questo problema?

Io direi che si parla molto di autismo, a volte anche a sproposito o con troppe imprecisioni. Spero che la tua iniziativa porti a migliorare l’informazione.

8) La ricerca ha portato a dei risultati verso la completa sconfitta di questa malattia? E´ un male curabile?

La disinformazione viene anche dall’atteggiamento dei genitori riuniti nelle famose “associazioni genitori” che, pressappoco in tutto il mondo, sulla falsariga dei Centri Americani, ritengono l’autismo una “malattia biologico-cerebrale-incurabile” ed anzi si accaniscono contro i professionisti che “gridano”: l’autismo può essere affrontato e curato!!!
9) Questo atteggiamento porta a volte a situazioni grottesche come quelle proposte (che si scambiano i genitori nell’affanno di voler fare qualcosa) di voler “curare” con somministrazioni di vitamine, con massaggi, con … pet-therapy (terapia con animali: cani, gatti) o addirittura con delfini. Mi chiedo se c’è logica … parliamo dell’Everest della Paidopsichiatria (neuropsichiatria infantile) e poi cadiamo nel ridicolo di utilizzare palliativi. È come pretendere di curare il cancro con quattro pillole di melatonina!
10) L’autismo si può affrontare, ma con un lavoro multidisciplinare, complesso, difficile, che richiede operatori molto preparati, con anni di specializzazione in lavoro terapeutico e riabilitativo. Dobbiamo ricostruire “la persona”, il suo camminare, volere, sentire, pensare, sognare, aver coscienza di sé e degli altri… cosa vogliamo di più!?
11) Se ci decidiamo di affrontare seriamente l’autismo dobbiamo accettare la sfida e … lavorare: siamo di fronte ad un “disturbo grave e/o gravissimo, altamente disabilitante e progressivo”.
12) La terapia è solo quella relazionale. Ci sono molte altre esperienze, ma, a mio modo di vedere, non serve tentare il recupero di qualche funzione, questo si può fare dopo i dieci anni, prima bisogna assolutamente puntare sul recupero delle possibilità di socializzare e di rimetterli nel cammino della crescita e dello sviluppo.
13) Cosa le capita di pensare dopo una giornata di studio e terapia con queste persone ?

Un giorno di lavoro con questi ragazzi è pieno di soddisfazioni perché ti insegnano molto e … ogni giorni (dopo un periodo di adattamento e/o di “avvicinamento”) dimostrano d’aver fatto un passo avanti. Per questo è essenziale applicare delle scale di valutazione, le più dettagliate e precise possibile, per poter monitorare i cambiamenti ed indirizzare le applicazioni su obiettivi precisi. Per avere una idea più chiara, noi usiamo 4 scale (checklist): per la psico-terapia; per la riabilitazione; per l’ippoterapia; per misurare l’intelligenza non verbale (il recupero del linguaggio è molto difficile, anche se non impossibile).
14) In Italia si è fatto molto e ricordiamo che siamo uno dei pochissimi Paesi nei quali gli autistici hanno il diritto di frequentare la scuola dell’obbligo. Purtroppo questo lascia un po’ il tempo che trova perché l’autismo si affronta con una “terapia”. In due Congressi (svolti a Varese) abbiamo proposto di fare un anno terapeutico-propedeutico (per acquisire i pre-requisiti necessari ed indispensabili), ma non siamo stati capiti. Se fossimo un Centro Universitario… ma, al contrario, i più ritengono che non si possa fare nulla e allora … è meglio assegnare delle pensioni di invalidità!!!
15) Con l´andare degli anni in che modo evolve questa malattia? Il dramma viene dal fatto che il recupero che non si ottiene prima dei 10-12 anni non si ottiene più e questi bambini-giovani sono condannati ad una vita durissima insieme alle famiglie, ma ormai … li mandano in Istituti.
16) Ci chiediamo perché gli indici di incidenza stanno aumentando tanto … non lo sappiamo, ma forse dipende dalle difficoltà socio-culturali della nostra società che si fa sempre più complessa e problematica.
17) Ha notato nei genitori di questi ragazzi caratteristiche in comune?come vivono la nascita di un figlio con questi problemi?

Quando arriva un autistico nella famiglia è un vero dramma,porta solo angoscia ed un totale scardinamento: i genitori ed i fratelli non hanno più pace e tutti vivono dipendenti dalla … “malattia”. Per questo dobbiamo deciderci ad affrontare seriamente il problema, prescindendo dalla bassa incidenza (4/10000) perché ormai siamo al 50-60/10000.
18) Un ragazzo affetto da questa malattia in che modo vive il rapporto con i coetanei, con gli oggetti e la famiglia? Qual´è la percezione del mondo esterno e come si interfaccia spontaneamente con l´"altro"?

L’autistico non ha raggiunto il livello “oggettuale” e, quindi, non si stabilisce un vero “rapporto”, il cambiamento si vede progressivamente durante la terapia con la quale si può osservare quando il soggetto scopre il proprio Sé, gli oggetti, il valore dell’altro, il pensiero, gli affetti, la volontà, il desiderio, la capacità di dare giudizi … però mai spontaneamente, sempre dalla mano del terapeuta (che potrà decidere il momento del distacco una volta raggiunti gli obiettivi dello sviluppo).
19) Trattare un autistico è sempre difficilissimo soprattutto perché non sono e non dobbiamo considerarli gli oggetti dei nostri desideri di “accompagnamento”: se vogliamo avvicinarci a loro dobbiamo essere sicuri di poterli curare o almeno di poterli ricondurre sulla via dello sviluppo mentale e sociale.
20) Quanto c´è di vero nella realtà in quello che i film tipo Rain Man, dedicati a questo tema, hanno fatto vedere?

Ho già detto che Rain Man è il frutto di una fantasia cinematografica, l’autismo autistico è ben altro e… un adulto autistico fa veramente paura!
21) Un ragazzo che incontra un soggetto di questo tipo come si deve comportare? Ci sono dei comportamenti da evitare e altri invece utili? Cosa può fare una persona per aiutare i ragazzi affetti da questa malattia?

Per aiutare un autistico bisogna accompagnarlo a un Centro specializzato, multifunzionale e multidisciplinare, dove anche i genitori possono scoprire il loro ruolo che, per altro, è fondamentale: per essere genitori e non terapeuti!!
22) In che cosa consiste la terapia per questi pazienti? La terapia farmacologica interviene ? Con quali obiettivi?

Purtroppo non c’è nessuna terapia farmacologica che migliori la situazione. Gli psicofarmaci vengono usati (in basse dosi) per tranquillizzare e facilitare l’intervento psico-terapeutico e/o riabilitativo. A questo fine stiamo sperimentando anche altri interventi non allopatici … per ora con scarsi risultati anche se molte mamme, sparse per il mondo, ne parlano con entusiasmo.
22) Come influiscono le barriere architettoniche nella vita psicologica e fisica di questi ragazzi?

Le barriere architettoniche non esercitano particolare negatività, quello che diventa una “barriera” è l’atteggiamento negativista di molti medici ed anche dei genitori.
23) Il nostro motto è “insieme si può” “l’autismo si può curare”


Pet therapy alle Cinque Terre

da www.mareinitaly.it

Comincerà nel mese di settembre nel Parco Nazionale delle Cinque Terre l’attività di Pet theraphy con i delfini del Santuario dei Cetacei.
Il presupposto alla base della pet-therapy è che l’interazione con un animale aiuti ad aumentare il benessere di persone che soffrono di depressione e di problemi psichici.
Fu lo psicologo Boris Levinson nel 1961 a dedurre che l'animale fosse un mediatore efficace con i bambini con disturbi psichici. Il dott. Levinson cominciò ad usare un cane durante le terapie con i bambini problematici suoi pazienti. I risultati furono eccellenti.
Oltre ai cani molti altri animali vengono oggi usati quali: cavalli, uccelli, e in generale tutti gli animali da allevamento.
Negli ultimi anni la pet-therapy ha spostato il suo campo di azione all'acqua e ai delfini in particolare. Grazie al loro carattere giocoso e allo loro intelligenza i delfini si sono rivelati un ottimo ausilio nella cura dei disturbi della sfera affettiva e in particolar modo proprio con i bambini autistici. I delfini infatti,sembrano in grado di capire i bisogni delle persone e hanno un’abilità particolare nell’interpretare il linguaggio del corpo umano.
E' proprio con lo scopo di aiutare i bambini che soffrono di questi disturbi che prenderà servizio nel Santuario dei Cetacei un’ imbarcazione con a bordo operatori specializzati della riabilitazione psichica insieme ad un team di biologi istruttori.L'imbarcazione andrà in mare aperto alla ricerca delle Stenelle e, ad incontro avvenuto, inizieranno la terapia di riabilitazione.
In Italia è solo da pochi anni che viene praticata la pet theraphy ma ottimi risultati si sono ottenuti con la delfino-terapia praticata presso il Delfinario di Rimini che organizza corsi per bambini autistici e adulti depressi convenzionati con il servizio sanitario nazionale.
Forte dei risultati positivi avuti dalle terapie condotte fino a questo momento negli acquari, il team che cura il progetto alle Cinque Terre crede che la terapia con delfini che vivono liberi in mare possa essere ben più efficace. I delfini negli acquari possono, infatti, a volte sviluppare loro stessi problematiche dovute alla cattività.
Il progetto non finisce qui. In un prossimo futuro sarà istituito il primo laboratorio di delfino-terapia in mare aperto. Responsabili medici del programma sono il dottor Paolo Tardone e la dottoressa Federica Buchicchio, psicoterapeuti specializzati nella terapia nell'acqua.
Il progetto, finanziato dal Ministero dell' Ambiente, sta riscuotendo un grande successo e molte famiglie con parenti autistici hanno già contattato il Parco delle Cinque Terre.


 
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doppiobirichina
view post Posted on 30/7/2010, 18:08




vorrei avere qualche informazione sui centri terapeutici sulla pet terapy presenti a roma convenzionati
 
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1 replies since 24/7/2008, 14:13   1145 views
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